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Infedeltà e addebito della separazione. Risarcibilità

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Per comprendere quale rilevanza venga data al tradimento ai fini dell’addebito della separazione non si può prescindere dall’analisi delle più recenti sentenze.

Particolarmente interessante è la sentenza di Cassazione n. 18175/2012, in quanto sintetizza efficacemente i principi su cui si fondano le decisioni in materia: “…la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 cod. civ. pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale…” e ancora, la violazione dell’obbligo di fedeltà è “….circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempreché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.

Ai fini dell’addebito della separazione, al tradimento viene data sicuramente un’ampia rilevanza (“è circostanza sufficiente a giustificare l’addebito”), ma ciò che - partendo dal medesimo presupposto-richiesta di separazione con addebito per provata infedeltà di uno dei coniugi – ha permesso di ottenere o meno l’addebito è stata la prova della preesistenza della crisi coniugale rispetto al tradimento(ex multis, Cass. Civ. 14591/2019, Cass. Civ. 1715/2019, Cass. Civ. 2157/2018, Cass. Civ. 16859/2015 Trib. Milano sez. IX, 6831/2017).

Per quanto riguarda l’onere della prova, la parte che richiede l’addebito della separazione deve provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre la controparte dovrà provare l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata violazione all’obbligo di fedeltà (ex multis, Cass. Civ. 14591/2019).

Com’è noto l’infedeltà coniugale può dare luogo a risarcimento del danno.

Si deve innanzitutto evidenziare che il tradimento non è “circostanza sufficiente” a fondare il diritto al risarcimento, che viene invero riconosciuto solo se il richiedente prova di aver subito la lesione di diritti costituzionalmente protetti (e cioè il diritto alla salute, alla dignità e all’onore della persona), e la sussistenza del nesso di causalità fra la violazione del dovere di fedeltà  ed il danno patito ( ex multis, Cass. Civ. n. 18853/2011; Cass. Civ. 4470/2018; Cass. Civ. 6598/2019).

Così, ad esempio, Cass. Civ. n. 6589/2019: “ la violazione del dovere di fedeltà, sebbene possa ….provocare la disgregazione del nucleo familiare, non automaticamente è risarcibile, ma in quanto l'afflizione superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca nell'altro coniuge, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, primi tra tutti il diritto alla salute o alla dignità personale e all'onore, richiamati del resto nelle stesse prospettazioni del ricorrente.”

Ma quando un tradimento può ritenersi condotto con modalità tali da provocare la lesione di un diritto costituzionalmente protetto?

Non c’è una risposta definitiva – sono infinite le modalità con cui nel caso concreto si può ledere l’onore, la dignità, il diritto alla salute dell’altro.

Sicuramente rendere manifesta l’infedeltà alla cerchia di conoscenti (parenti, amici, colleghi) propria e del coniuge è considerato dai giudicanti comportamento idoneo a ledere l’onore e la dignità altrui, ed è anche - sebbene non esclusivamente - in ragione di questa condotta che viene valutato il diritto ad ottenere il risarcimento del danno; lo conferma, tra le altre, Cass.Civ.  n. 6598/2019: nel caso di specie è stato escluso che “…il tradimento, per le sue modalità, avesse potuto recare un apprezzabile pregiudizio all'onore e alla dignità del coniuge, in quanto non noto neppure nell'ambiente circostante e di lavoro o comunque non posto in essere con modalità tali da poter essere lesivo della dignità della persona.” .

A contrario, con sentenza n. 19193/2015 i Giudici di Cassazione Civile hanno confermato la decisione della Corte d’Appello di Roma di condanna al risarcimento del danno a carico del marito fedifrago, il quale a lungo ha mantenuto  “…un atteggiamento equivoco e mistificatorio” inducendo la moglie a credere che avesse posto termine alla propria relazione extraconiugale “…mentre, per anni, ha portato avanti una convivenza con altra donna di cui erano a conoscenza almeno i parenti del C…. tale comportamento ha provocato uno stato di depressione grave a carico della G. e usa grave lesione della sua dignità personale è stato ritenuto produttivo di danni risarcibili”.